Videosorveglianza: le parti comuni condominiali non possono equipararsi a “domicilio” o “privata dimora”

Secondo il Tribunale di Roma, sentenza n. 17025/2016, depositata il 16 settembre 2016, non può esservi alcun pregiudizio alla privacy dei condomini quando l’utilizzazione dell’impianto di videosorveglianza è richiesta dalla maggioranza dei condomini a seguito dei numerosi atti di vandalismo. Le parti comuni dell’edificio sono destinate all’uso di un numero indeterminato di soggetti. Le stesse, pertanto, ai fini della collocazione delle telecamere di videosorveglianza in condominio, non rientrano nei concetti di “domicilio” o “privata dimora“, nozioni (di cui all’art. 614 c.p., richiamato dall’art. 615-bis c.p. relativo al reato di interferenze illecite nella vita privata) che individuano una particolare relazione del soggetto con l’ambiente ove egli vive la sua vita privata. Il Tribunale ha confermato la legittimità della delibera impugnata, con la quale l’assemblea aveva deliberato l’istallazione di telecamere di sicurezza nelle parti comuni dell’edificio per prevenire o comunque disincentivare atti di vandalismo. Due condomini avevano contestato l’installazione dell’impianto di videosorveglianza perché, a loro dire, imposto dall’assemblea senza la maggioranza richiesta per le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. e senza rilevanti motivi di sicurezza, in violazione dei diritti individuali alla riservatezza ed alla protezione dei dati personali dei condomini. Secondo il Tribunale di Roma  le considerazioni in ordine alla interferenza con la vita privata e la riservatezza non colgono nel segno, perché le parti comuni interessate dalla videosorveglianza non possono farsi rientrare nella nozione propria di “domicilio” o “dimora privata”.Sicché, osserva il tribunale, “anche in un’ottica di bilanciamento di interessi e tenuto conto delle cautele adottate – trattandosi di immagini conservate per tre giorni e visionabili solo dall’autorità giudiziaria – devono ritenersi prevalenti le esigenze di sicurezza poste a fondamento dell’istallazione“.È altresì infondata, infine, anche l’ulteriore contestazione mossa dai condomini in ordine alla necessità, per l’approvazione del punto in oggetto del quorum previsto per le innovazioni ex art. 1120 c.c.Al contrario, il nuovo art. 1122 ter c.c. prevede la possibilità dell’assemblea di deliberare l’installazione di impianti di videosorveglianza con la maggioranza dei condominio che rappresenti almeno la metà dei millesimi di proprietà.Al riguardo, il tribunale ha affermato che “anche a prescindere dall’epoca di vigenza della legge 220/2012, di riforma in materia condominiale, l’art. 1122 ter c.c. – a norma del quale per l’installazione di telecamere nel condominio è sufficiente la maggioranza di cui all’art. 1136, 2° comma c.c., ovvero la metà del valore millesimale e la maggioranza degli intervenuti – si è limitata a recepire un orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, assai risalente ancorché non unitario, di cui questo giudice condivide l’impostazione, talché deve ritenersi destituito di fondamento l’assunto attore anche sul punto”.In questo caso, si tiene impossibile per i condomini dissenzienti di invocare l’esonero dalla spesa in base all’art. 1121 c.c. (innovazioni gravose e voluttuarie), perché il servizio non è suscettibile di utilizzazione separata.

 

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